venerdì 9 settembre 2011

Micah P. Hinson rifà i Pixies all'Apolo

Il Micah Paul Hinson che esce alle 21.15 sul palco dell'Apolo è la quintessenza del nerd: magrissimo e un po' sghembo, viso spigoloso troppo grande per quel corpo sottile, orecchie a sventola su cui appoggiano occhiali dalla grande montatura, capelli leccati con la riga da una parte; e poi canotta, bretelle e zainetto in spalla (lo terrà accanto a sè per tutta la sera, frugando ogni tanto nelle tasche a cercare chissà cosa) e braccio al collo, conseguenza dell'incidente d'auto patito a luglio sulla strada da Zaragoza a Barna che lo obbligò a cancellare le date estive. Esordisce proprio dicendo che non sta bene, e che è quasi senza voce per aver urlato le sere prima "like a fucking maniac".
Spera che ci vada bene lo stesso e, subito dopo una intro di chitarra e batteria notissima ed entusiasmante per tutti i presenti, attacca con un vocione roco e stonatissimo che pare impossibile esca da quel corpo così esile: "Why do Cupids and angels continually haunt her drems like memories of another life is painted on her shirt in capitals...". Al primo urlo si capisce che il ragazzo fa sul serio. 
Fucking maniac.
Il ciclo di concerti "We used to party" è composto da cantanti o gruppi noti a cui viene chiesto di suonare per intero un album da loro scelto: si iniziò qualche mese fa con "London Calling" dei Clash riproposta live da Chuck Prophet (gran concerto, anyway), e ora è il turno del texano Micah, autore dalla vita complicata e  dalle grandi capacità poetiche tornato alla grande nel 2010 con l'ultimo album "The Pioneer Saboteurs". Musicalmente siamo dalle parti dei vari Bill Callahan, Will Oldham, Sparklehorse, Leonard Cohen, per cui non so cosa aspettarmi dalla scelta di "Trompe le Monde" dei Pixies: pare agli antipodi e invece leggo in un'intervista che è nientedimeno che "il disco che gli ha cambiato la vita" quando aveva 10 anni. 
Vocione roco e stonatissimo, si diceva: un timbro quasi waitsiano, reso tremolante e insicuro dal precario stato di salute, che se inizialmente spiazza e fa temere il peggio, via via pare addirittura l'unica maniera possibile di riproporre il canto del cigno dei Pixies prima dello scioglimento avvenuto nel 1991. Sostenuto da una band solida ma non strabiliante che si limita a ricalcare le canzoni della storica band di Boston, il buon Micah si lancia in urla belluine degne del miglior Black Francis, rese ancora più surreali dai movimenti a tratti degni di uno Ian Curtis dei giorni nostri, accentuati dal tutore che gli blocca il braccio sinistro. I timori di un flop svaniscono ben presto, Hinson sembra nato con queste canzoni addosso ed è fantastico riascoltare Alec Eiffel, Planet of Sound, Subbacultcha, Head On ("cover al quadrato", giacchè i Pixies la ripresero dal repertorio dei Jesus and Mary Chain), U-Mass, Lovely Day, Motorway to Roswell, chicche dimenticate come "Bird Dream of the Olympus Mons".
Tornato a casa rivedrò gli scarsi spezzoni che si trovano su Yutube, relativi al concerto di luglio appena prima dell'incidente, che mi convinceranno che si, con la voce di stasera è stata tutta un'altra cosa.

Per i generosi bis (condite di siparietti tra il cantante e la band, con tanto di pastiglie - per il mal di schiena o altro? - prese tra una canzone e l'altra) il repertorio è il suo e si cambia atmosfere, rimanendo su livelli altissimi di emozione. Il finale è una versione solitaria di "Drift Off to Sleep", che naturalmente non conosco ma che ancora una volta mi fa capire che sono davanti a un grande artista.

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