La storia della musica e, più in generale dell'arte, é piena di persone fragili e, per un motivo o per l'altro, insoddisfatte, troppo orgogliose o incapaci (di gestire fama e successo, di relazione con pubblico e media, di affrontare blocchi creativi, più semplicemente di vivere): potrei citare la celeberrima Amy Winehouse di cui tutti hanno parlato e sparlato, ma preferisco nomi a me più affini quali Elliott Smith, Mark Linkous, Vic Chesnutt e, a ritroso nel tempo, Syd Barrett. Ma in questi giorni, chissà perché, sono ner trip dei Beach Boys quindi inizio parlando di Brian e della famiglia Wilson.

Questa strada stava stretta soprattutto a Brian, che fin da giovanissimo aveva imparato a scrivere canzoni e a costruire quelle armonie vocali che divennero il marchio di fabbrica della band. Leggenda vuole che, una volta ritiratosi dalle scene per dedicarsi all'attività in studio, iniziò una sua personalissima gara coi Beatles (epoca-"Revolver", a.d. 1965) per chi sfornasse l'album migliore del secolo, in un'epoca in cui il formato standard era il singolo e i 33 giri erano solo raccolte di successi infarcite di inutili riempitivi.
Inutile dire chi vinse la gara: a "Revolver", Wilson rispose con l'immortale e fantastico "Pet Sounds" (osteggiato da parte del gruppo, soprattutto da Mike Love che davvero non ci ha mai capito una mazza), ma quando i Fab Four calarono l'asso "Sgt. Pepper's" il cervello di Brian si incartò. Tentò di superarsi, moltiplicando all'ennesima potenza l'utilizzo delle innovative tecniche di registrazione sperimentate con l'album precedente, regalò al pubblico un anticipo sopraffino come "Good Vibrations" e creò un'aspettativa incredibile sull'annunciato album "Smile", ma alla fine il 33 giri fu cancellato. Brandelli ne uscirono (quasi sempre ri-registrati) nelle successive uscite discografiche a cominciare dal quasi omonimo (ma opposto per filosofia: tanto pomposo e stratificato doveva essere l'originale quanto grezzo, quasi lo-fi ante litteram, risultò questo) "Smiley Smile", e i Beach Boys continuarono, via via più mediocri e lontani dai gusti del pubblico, con un apporto creativo sempre più ridotto da parte di Brian.
Eh si perchè quest'ultimo si chiuse sempre più in sè stesso e nel suo abuso di sostanze, prigioniero di un mondo fatto di solitudine, cocaina, alcool, cibo e paranoie; addirittura rimase per quasi tre anni a letto a dedicarsi alle sue fobie, incapace di rialzarsi, in tutti i significati possibili del termine. Riapparve faticosamente in qualche occasione, anche in concerto, a metà degli anni Settanta, contribuendo ad un paio di discreti album del gruppo (soprattutto "Love You") per poi allontanarsi di nuovo dalla musica e dalla realtà. La distanza tra la musica del gruppo, di nuovo vuota, leggera e poco ispirata, e la sofferenza del loro leader si fece improvvisamente e tragicamente incolmabile.
Fu allora che la famiglia decise di affidarlo alle cure di uno specialista, tale Eugene Landy. Come già aveva fatto con successo pochi anni prima, con metodi poco ortodossi (ossia: isolandolo progressivamente dagli affetti e rimettendolo in piedi, almeno fisicamente, attraverso rigidi programmi di autodisciplina) Landy riuscì a strappare Wilson dall'oblio in cui si era cacciato ma prezzo di una dipendenza crescente da calmanti e psicofarmaci di vario genere e, a detta della famiglia di Wilson, dallo stesso psicoterapeuta. A fine anni 80 Brian appariva infatti totalmente succube di Landy, che trasse anche notevoli vantaggi eonomici dalla rinata attività creativa di Wilson; la vicenda terminò agli inizi degli anni Novanta, con l'interdizione dello psichiatra dall'attività e da ogni rapporto con l'artista.
Vicenda complessa e non facile da giudicare; quel che è certo è che lo sguardo del Brian Wilson degli anni Novanta, segnati dal ritrovato rispetto di critica e pubblico e da una meritata quanto tardiva riappacificazione con sè stesso e col proprio repertorio, è uno sguardo sofferente e vacuo, quasi fosse carico di tutta la sofferenza provata durante gli ultimi 25 anni.

E' notizia degli ultimi giorni la reunion dei Beach Boys, per un album nuovo e un tour che raggiungerà anche l'Europa nel 2012. Personalmente spero che riuscirò a vederli, anche se Brian sarà il solo fratello Wilson presente sul palco: Dennis il surfista è morto infatti tragicamente nel 1983 dopo anni di vita turbolenta segnata dall'alcool, e un tumore si è portato via Carl nel 1998. Il cugino Mike Love sarà invece purtroppo parte del progetto: il classico caso di chi è stato baciato dal successo senza quasi aver capito perchè e, anzi, avendo spesso boicottato gli slanci creativi di Brian distinguendosi per ottusità e supponenza (vedere l'incredibile discorso fatto in occasione dell'introduzione del gruppo nella R'n'R Hall of Fame, per credere) oltre che per le inguardabili camice.
E i Ragazzi da Spiaggia, nonostante abbiano scritto almeno un paio di capitoli di musica di eccelsa qualità e siano stati protagonisti di una storia a dir poco travagliata, amati e rispettati da generazioni di musicisti, rimarranno sempre scolpiti nell'immaginario collettivo per delle allegre e apparentemente innocue canzonette che parlano di surf, ragazze e divertimento in California.
scrivi bene. anzi benissimo. e fai apparire anche la "musica da eunuchi" (autocit. scherzosa, non ti offendere...) interessante e ricca di spunti.
RispondiEliminafossi in te penserei seriamente a scrivere.
sei bravo e io invidioso (ma anche orgoglione di averti come amico anche se ti lam...)
:-)
dario.
un giorno mi spiegherai perchè ogni tuo commento è fatto con un nome diverso :-)
RispondiEliminaper il momento va bene così, almeno sembra che sta paginetta non la legga solo tu!
ps. grazie del complimento ma a scrivere seriamente non ci penso. poi dovrei anche rileggere, e non credo che ci riuscirei. ;-)
dipende dal tema/tono
RispondiEliminascherzoso/offensivo: pseudonimo
sincero/ammirato: dario
semplice no?