domenica 4 marzo 2012

madeleines inaspettate

Ho letto della morte di Lucio Dalla venerdì sugli schermi dell'aeroporto di Linate, dove ero appena atterrato. La prima reazione è stata un "oh cavolo!" spontaneo, poi sono andato a casa mia dove i miei mi aspettavano per pranzo: non lo sapevano ancora e, a giudicare dai loro sguardi quando gliel'ho detto, lo stesso "oh cavolo!" l'hanno pensato anche loro. Uno stupore dato dal fatto che Dalla era una di quelle persone familiari, bonarie, da sempre presenti nelle nostre vite come se lo si conoscesse personalmente: buffo, sgraziato, simpatico (l'aggettivo forse più ab-usato in questi giorni), il divo della porta accanto, uno di quelli che si crede siano immortali, che c'è sempre stato e sempre ci sarà. Uno a cui andare a stringere la mano per strada: per ringraziarlo di essere così, di non prendersi troppo sul serio, di portare quel ridicolo parrucchino di Cesare Ragazzi come se fosse la cosa più normale del mondo. Uno che quando muore, soprattutto così a tradimento, ti vien da pensare proprio "oh cavolo!": insomma, non si fa così! come un bambino che capisce la morte per la prima volta, come dire "se muore lui, allora si muore davvero a questo mondo!" (Mi capitò lo stesso quando morì Lux Interior dei Cramps, guarda l'ironia della vita: un altro di cui non avevo mai considerato l'eventualità della morte. Lux e Lucio: roba da matti. Stesso colore di capelli, tra l'altro: sempre più inquietante, meglio che la pianti qui prima di trovare altri insostenibili parallelismi, vorrei dormire sereno stanotte).

Da quando ho iniziato ad appassionarmi di musica non ho mai considerato musicalmente Lucio Dalla: non per snobismo, credo semplicemente perchè da allora non ha scritto e cantato praticamente nulla di musicalmente rilevante. Andando indietro nel tempo coi ricordi, rivedo una cassetta (una doppia cassetta, per la precisione) che i miei avevano comprato e che all'epoca girò moltissimo sul mangiacassette di casa: era "DallAmerCaruso", registrata dal vivo in America (appunto) e con unico inedito la celeberrima "Caruso" (appunto). Sono andato a cercarne l'anno di pubblicazione: era il 1986, avevo 14 anni. Stando a "Ondarock" e ad altri siti, praticamente l'ultima cosa davvero rilevante scritta da Dalla che era già nella fase calante della sua ispirazione. Di quel live ricordo molti suoi successi, che in questi giorni di commozione generale ho riascoltato con piacere: sono onesto, non so se per la qualità della musica (comunque lontana dalle mie corde musicali) o per una sorta di effetto-madeleine che mi ha riportato ad un periodo felice della mia vita. L'unico disco con dentro Dalla che ho comprato in vita mia fu "Banana Republic", non tanto per Dalla quanto per De Gregori di cui ero fan a fine anni '80.

In particolare mi sono sempre piaciuti alcuni suoi testi, ricercati, profondi, buffi, diversi; con frasi spesso difficilmente decifrabili ma che mi hanno sempre fatto sorridere per la loro stralunata eccentricità. Leggersi ad esempio "Come è profondo il mare" per credere:


Siamo noi, siamo in tanti 
Ci nascondiamo di notte 
Per paura degli automobilisti 
Dei linotipisti 

eccetera eccetera. 
I linotipisti! E pensare che era il suo primo testo autografo, dopo il sodalizio con Roversi degli anni precedenti...
Dopo averla letta ascoltiamola anche, perché è proprio una grande canzone.

PS. Questo post appartiene alla serie "Chi sono io per essere l'unico italiano a non aver detto la sua su Lucio Dalla? Il figlio della serva?" (sottotitolo: "Però sicuro che il paragone con Lux Interior lo trovate solo qui!")

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