domenica 17 ottobre 2010

il mio disco preferito di tutti i tempi: NEIL YOUNG/LE NOISE

Ora. C'é quest'uomo, un canadese di 65 anni. Scrive canzoni, se le suona e se le canta, da più di 40 anni. Ha fatto parte di gruppi che hanno fatto la storia (Buffalo Springfield, Crosby/Stills/Nash/Young), ha fatto dischi da solo e con i Crazy Horse alternando generi musicali diversi, dal country al rock più potente. Ha pubblicato canzoni e album epocali. Ha avuto il suo decennio di "bassa" (gli insopportabili anni 80, manco a dirlo) anche a causa di problemi familiari, e poi si é ripreso alla grande quando tutti ormai lo davano per bollito, ricominciando a macinare grandi canzoni e grandi album e diventando un punto di riferimento riconosciuto da icone del rock giovanile e alternativo come Pearl Jam, Sonic Youth, Pixies. Ha sempre fatto quello che ha voluto, artisticamente parlando, spesso e volentieri spiazzando fans e collaboratori con scelte discutibili e incomprensibili, magari preferendo uscire con dischi obiettivamente brutti e lasciando inedite canzoni stupende che altri non si sognerebbero mai di scrivere. Ha avuto un aneurisma cerebrale a cui ha reagito pubblicando uno dei suoi dischi più belli, e ha sofferto dolorose perdite tra amici e musicisti a lui molto vicini (l'ultimo ad andarsene, Ben Keith pochi mesi fa).
Oggi, appunto, Neil Young potrebbe godersi la vita dando concerti zeppi di greatest hits e godendosi la vita nel suo ranch, e invece se ne esce con un altro capolavoro storto e difficile: questo "Le Noise", trentaquattresimo album in studio della sua carriera, il cui titolo forse gioca sul termine inglese per "rumore" e il nome del produttore, Daniel Lanois.
Avevo sentito le nuove canzoni in anteprima qualche mese fa, nella registrazione di uno dei concerti del tour solitario che Young ha portato nei teatri americani in primavera: mi erano piaciuti molto e cervavo di immaginare come potessero essere nella loro versione definitiva, riarrangiati per il gruppo in tile "Harvest" o piuttosto in stile "Weld".
Invece no: c'é solo Neil in questo disco, lui con la sua chitarra a volte acustica e più spesso elettrica, ci sono molto feedback e pochi ritornelli memorabili. Ci sono i Crazy Horse pur senza esserci davvero. Sembrano quasi dei demo, queste 8 canzoni, in equilibrio tra un senso di incompiutezza e invece la sensazione che aggiungere anche solo una nota o peggio altri strumenti a queste perle grezze ne avrebbe turbato l'equilibrio. "Le Noise" va ascoltato più volte dall'inizio alla fine, bisogna entrarci dentro, farsi circondare e pervadere da quelle note e da quel canto che mai come stavolta somiglia a un lamento. É difficile, lo so, ma ci sono poche cose che valgano la pena in questi tempi aridi e freddi come immergersi nel mondo del vecchiaccio terribile Neil Young. Sentire "Hitchiker" (una delle molte canzoni finora perdute, risalente al '92) e leggerne il testo per credere.


L'album nella sua interezza può essere visto qui. Dopo averlo fatto, naturalmente, andate a comprarlo. Sono ancora uno di quelli che crede che i dischi (continuo a chiamarli così) vadano comprati e posseduti, e toccati, e aperti e annusati. Sempre, quando come in questo caso ne vale davvero la pena.

2 commenti:

  1. L'album nella sua interezza può essere visto qui. Dopo averlo fatto, naturalmente, andate a comprarlo. Sono ancora uno di quelli che crede che i dischi (continuo a chiamarli così) vadano comprati e posseduti, e toccati, e aperti e annusati. Sempre, quando come in questo caso ne vale davvero la pena.

    ti adoro.

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